Un mondo cane by Ruinetti
#349729 / viewed 1659 timesUn cane cartesiano
Da FighilleArte
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Nelle mie camminate quasi quotidiane sulla battigia, talvolta, incontro qualcuno che conosco. Stamattina mi sono imbattuto in 'Lampione', già professore di filosofia, già amico e collega, che, da quando siamo andati in pensione, nello stesso anno, non ci siamo rivisti. Forse lo chiamavano così, certamente di nascosto, perché era bravo e le sue lezioni erano chiare, luminose. Ha capelli folti, lunghi, continuano con la barba. Così il volto è circondato da una specie di ghirlanda pilifera spessa, che una volta s'accendeva di sfumature rossastre, mentre ora è diventata completamente bianca, come quella marmorea del suo parente Socrate, che è al Louvre, scolpito da Fidia.
“Ciao vecchio furfante!”
“Bravo! Sei ancora vivo?”
“Ti ricordi delle nostre battaglie per assolvere e promuovere gli alunni, combattute contro i censori dall'ostracismo facile?
“Certo che ricordo e, quando ci ripenso, non cambio le idee, mi do ragione.
Ad un tratto, uscito dal mare, mi viene incontro, balzellando, un cane bastardone, bianco e nero, dal pelo lungo.
“Non avere paura, è Argo, ti fa festa.”
“Va bene, ma mi bagna tutto!”
“Che sarà mai, è una benedizione!”
“Ma andate a quel paese te e lui.”
“Non essere sgarbato."
Poi l'ex collega, fermo sui due piedi, racconta la sua storia e i suoi pensieri, mentre io cerco di tenere alla larga il cane che mi gira intorno, col pennacchio della coda come un aspersorio.
“Mia moglie m'ha lasciato...”
“Poveretta, era ancora giovane...”
“Ma quale poveretta! E' scappata via col diacono.”
Poi continua:
“Non credo più a niente, m'è rimasto solo lui, Argo... un cane è meglio di qualsiasi amico umano... è affettuoso... alza la gamba e urina sulla civiltà, sul mondo intero, interpreta i miei sentimenti, sembra contento, che sorrida e dica: mingo ergo sum, cioè: faccio pipì, quindi esisto.”
“Non c'era bisogno della traduzione simultanea, conosco anch'io Cartesio, tu mi hai sapientemente insultato...”
“No, no, non era mia intenzione, però esiste l'analfabetismo di ritorno...
“Oh bella, ora mi dai anche del rincoglionito!”
Non glielo ho detto, ma ho pensato che sua moglie abbia avuto ragione a scappare col mezzo prete.
Cani e cagnolini
Con la bella stagione, qualche volta, a metà mattina, mi piace andare fuori porta a sedermi davanti al tavolino, all'esterno del bar, ordinare la colazione, che poi è la seconda e terminare questa piacevole liturgia con una sigaretta, che è sempre l'ultima, come quella di Zeno raccontato da Italo Svevo. L'altro giorno, mentre mi godevo il deprecato fumo, fui attratto da due cani di media taglia, che scorrazzavano liberi tra le aiuole del giardino, ogni tanto sostavano, l'uno alzava la gamba sulla siepe di bosso, l'altro s'accovacciava e così via. Strano, erano scappati dai divieti delle leggi e del padrone per rubare una libertà sicuramente breve. Mi parevano contenti e io partecipavo spiritualmente alla loro festa,
Quando:
“Possiamo sederci?”
“Certamente, prego.”
“Non ci sono altri tavoli qui fuori...”
“Non si preoccupi, mi fa piacere...”
Erano due signore, l'una pesante di anni e di pancia, l'altra, stretta in un vestito verde, bocca rossa a cuore, occhi bistrati di nero, che, a vista, faceva ancora pensare a battaglie d'amore. Recavano in braccio due cani di taglia in scala ridotta, che, al giorno d'oggi, vanno di moda.
Venne il barista un po' dinoccolato che, guardando me, sorrise e, rivolgendosi alle signore, domandò:
“Il solito?”
“Sì”, risposero all'unisono.
Dopo poco l'uomo tornò con un vassoio dove traballavano due cappuccini fumanti e con paste e biscotti.
“Questo signore dirà che li viziamo.”
“Non lo dico, anzi dico che sono cani nani e devono mangiare per crescere.”
Mi sorpresi perché m'era uscita la rima baciata.
“Non devono crescere, sono già adulti.”
Sembrava che le avessi offese, allora, per fare qualcosa, accesi un'altra sigaretta fingendo distrazione e di non dare ascolto alle loro amorose quanto stucchevoli parole che rivolgevano ai cagnolini.
Invitavano, con amore sciropposo, le bestiole a fare colazione con i biscotti, che sbriciolavano e porgevano sui palmi delle mani. Al ché mi scappò detto:
“Perché li tritate? Non hanno l'osso, anzi la lisca!”
Non mi curarono né di una risposta, né di uno sguardo. Allora me ne andai pensando che quei due cagnolini avevano perso tanto l'identità, quanto la libertà, prigionieri in un mondo di piume, baci, coccole e carezze.
I cinque cani della mia via
Nella mia strada, che è breve, sarà lunga sì e no cento metri, tutte le case, sul davanti, hanno un piccolo scoperto. In alcuni di questi spazi vivono i cani e, per la precisione, ce ne sono tre dalla parte dei numeri civici dispari, due dall'altro lato. Sono tutti di taglia media o di più, insomma non sono degli spiccioli, che non li voglio offendere. I loro padroni li curano, li portano a fare quotidiane passeggiate igieniche, li accudiscono, ma non li baciano. Sono animali di grande cortesia, diversamente dai miei vicini. Scodinzolano quando passo loro davanti e io rispondo sempre ai saluti. C'è poi Lampo (so che si chiama così perché il nome è scritto con la vernice rossa sul timpano della casa di legno) che mi sporge dal cancello la zampa e così gli do la mano. Se uno di loro abbaia tutti abbaiano. E certi residenti si lamentano. Ma quello di dare l'allarme è il mestiere dei cani, un lavoro a tempo pieno per il quale non c'è bisogno che timbrino il cartellino e gli si deve essere riconoscenti. Al proposito ricordo l'episodio di quel ragazzo che, di notte, si stava arrampicando sulla calata della doccia per salire al primo piano ed entrare a fare man bassa nell'appartamento attraverso la finestra dalla serranda semiaperta. Lampo saltò la cancellata e, con l'orchestra dei suoi colleghi, svegliò le genti. Il giovane rimase abbracciato a quel tubo di rame, non poteva completare l'opera e aveva paura a scendere. Finché arrivò il suo padrone, lo trattenne per il collare e lasciò che il ladruncolo raggiungesse a gambe levate i mandanti, che erano dietro l'angolo dentro la macchina in sosta, ma col motore in moto.
Così sono i cani della mia via: gentili e bravi. Ma, come tutti, hanno qualche lato negativo. Il peggiore è quello di essere razzisti. Quando passa il senegalese, che lascia la pubblicità porta a porta, sembrano una banda di musicanti all'improvviso impazziti.
Franco Ruinetti
Illustrazioni di Enzo Maneglia Man
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